11 maggio, 2008


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lotteoperaie ha detto...

CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA GIANCARLO LANDONIO

VIA STOPPANI,15 -21052 BUSTO ARSIZIO –VA-
(Quart. Sant’Anna dietro la piazza principale)
e-mail: circ.pro.g.landonio@tiscali.it

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Il nuovo modello di contrattazione
uno strumento di legalizzazione del sottosalario,
della flessibilizzazione, del dispotismo padronale,
dell'individualizzazione del contratto di lavoro,
dell'umiliazione dei lavoratori.

Sollevarsi contro il nuovo attacco Confindustria - Confederazioni Sindacali.

Sollevarsi contro le bande di razziatori!

Esigere il salario minimo garantito di euro 1.032 mensili intassabili per giovani in cerca di lavoro precari disoccupati. Esigere l'aumento generalizzato del salario di euro 300 mensili in busta paga, la riduzione d'orario, l'abolizione dello straordinario.

Formare ovunque gli organismi autonomi di lotta. Dare pieno sviluppo all'iniziativa operaia contro ricatti padronali bavagli anti-sciopero precettazioni.

Costituire il Fronte Proletario delle varie categorie di lavoratori, di salariati locali e immigrati.

Uscire dalla difensiva! Attaccare lo "Stato rentier terrorizzante di usurai e parassiti"!

Il 10 giugno si sono riuniti a Roma in via Veneto presso la sede della Confindustria i vertici dell'associazione padronale e i tre segretari di Cgil Cisl Uil per dare avvio alla trattativa sulla riforma della contrattazione e sulle nuove relazioni industriali. La Confindustria ha messo sul tavolo le sue richieste, che riassumiamo nei seguenti quattro punti: 1°) le relazioni industriali debbono fondarsi sulla collaborazione e assicurare la competitività del sistema produttivo; 2°) le parti debbono fare rispettare gli accordi siglati e considerare lo sciopero come l'extrema ratio; 3°) la contrattazione deve assicurare la flessibilità del lavoro e valorizzare le tipologie contrattuali atipiche al fine di assecondare le esigenze produttive, legando le erogazioni alla produttività e alla redditività dell'impresa; 4°) la contrattazione si deve articolare in due livelli, uno centrale e uno aziendale-territoriale, ridefinendo la tempistica dei rinnovi e fissando, sul piano centrale, i trattamenti minimi e, su quello territoriale, le erogazioni dei premi legati ai risultati. Più articolato, ma ispirato alla stessa ottica - del collaborazionismo della competitività e della schiavizzazione della forza-lavoro - è il progetto di revisione del modello contrattuale approntato e proposto dalle tre Confederazioni. Vale la pena, per chiarezza e conoscenza, dedicare un po' di spazio al parto confederale.

La criminalizzazione del conflitto capitale-lavoro

Va detto innanzitutto che la gestazione del "progetto di riforma" ha avuto un travaglio laborioso in quanto ha dovuto, per prima cosa, superare le divergenze inter-confederali; e, per seconda cosa, in particolare in seno alla Cgil. Il 12 febbraio le tre centrali abbozzano le "linee di riforma della contrattazione" e delineano il nuovo modello di contratto in questi aspetti: 1°) il contratto non rivendica aumenti salariali, cerca di difendere il salario (decresciuto e decrescente) dagli aumenti; 2°) l'adeguamento alla variazione del costo della vita viene ancorato alla cosiddetta "inflazione realisticamente prevedibile", in concreto a una parte della variazione; 3°) la possibilità di incrementi salariali viene rimessa alla contrattazione di secondo livello (aziendale-territoriale) ma subordinatamente al maggior sfruttamento resa e situazione di mercato; 4°) i possibili aumenti non vengono messi a carico delle imprese (1) bensì detratti dalla fiscalità (detassazione di straordinari e premi); 5°) triennalità dei rinnovi; 6°) ulteriori flessibilizzazioni impresarie (appalti, cessioni rami di azienda, esternalizzazioni, leasing, ecc.). Il 10 marzo la Uil, che vuole procedere in fretta, dichiara chiuso il confronto tecnico interconfederale e lascia il tavolo del confronto in quanto la Cgil temporeggia nel varo della piattaforma unitaria. Il 18 aprile il segretario della Flai-Cgil (federazione dei lavoratori agricoli e delle industrie alimentari) Chiriaco, prendendo lo spunto dalla provocazione di Montezemolo "Basta coi sindacati sono una casta" (2), lamenta che la riforma degli straordinari non va bene in quanto ne restano fuori i lavoratori dell'agricoltura dell'edilizia del commercio e in definitiva può vedere in busta paga qualche cosa (40 euro al mese circa) solo chi, lavorando full-time, supera le 250 ore di lavoro l'anno. Nonostante le divergenze interne in Cgil il 7 maggio le segreterie confederali sfornano il testo unitario della nuova contrattazione.

Le linee di "riforma della contrattazione"

Il testo si divide in un preambolo e in tre temi: contratto nazionale, secondo livello, democrazia e rappresentanza. Nel preambolo viene enunciato il concetto che il miglioramento del reddito è legato e dipende dalla crescita del paese e dalla competitività e produttività delle imprese; e precisato che il miglioramento del reddito è perseguito in due modi, in modo generale con un sistema di prezzi e tariffe anti-inflattivi ed un fisco equo; in modo specifico con un sistema contrattuale articolato in due livelli. Su queste premesse il documento, archiviando l'accordo 23/7/1993, fisionomizza in questi punti il nuovo modello di contrattazione.

1°) Il CCNL viene definito "centro regolatore dei sistemi contrattuali a livello settoriale".

2°) Va realizzata l'unificazione del settore pubblico e del settore privato.

3°) Vanno accorpati, altresì, i 400 e passa contratti collettivi per aree omogenee e per settori.

4°) La sede della semplificazione-accorpamento è il CNEL.

5°) Il CCNL viene triennalizzato con inizio del rinnovo 6 mesi prima della scadenza.

6°) La dinamica salariale non è oggetto di contrattazione dipende dalla "inflazione realisticamente prevedibile".

7°) Il secondo livello di contrattazione va basato ed esteso sui criteri di decontribuzione e detassazione, previsti dall'accordo del 23/7/2007, e concretizzato attraverso una molteplicità di forme: regionale, provinciale, settoriale, di filiera, di comparto, di distretto, di sito.

8°) La contrattazione di secondo livello o decentrata, chiamata accrescitiva, ha il compito di "redistribuire la produttività" e va imperniata su aumenti salariali connessi alla produttività redditività qualità efficienza efficacia.

9°) Nella contrattazione decentrata è prevista l'introduzione di una "quota economica minima" onde includere i dipendenti delle piccole aziende.

10°) Il testo è rimesso all'approvazione dei lavoratori.

Per quanto riguarda la rappresentanza e la rappresentatività delle organizzazioni sindacali è detto che queste verranno certificate dal CNEL in base ai dati numerici rilevati dall'INPS e ai consensi espressi nella elezione delle RSU. Per quanto concerne infine la democrazia sindacale è scritto che questa troverà espressione con le piattaforme proposte dalle segreterie e approvate dai direttivi e successivamente con la consultazione di lavoratori e pensionati; mentre sui rinnovi contrattuali le federazioni di categoria si uniformeranno alle centrali.

Il dissenso codista sviante e senza contenuto e alternativa di classe della maggioranza Fiom

Il nuovo modello di contrattazione, che merita la definizione di regolazione schiavistica dell'uso della forza-lavoro, non ha trovato, come era scontato, il beneplacito della Fiom. Il 18 maggio, al termine del direttivo, i tre quarti del comitato metalmeccanico dissente dal documento, non accettando la figura del "sindacato di mercato" che tratta solo i premi di risultato e abbandona l'azione per l'aumento del salario. La critica del direttivo Fiom si appunta, soprattutto, sulla vacuità della trattativa di secondo livello e sulle differenziazioni insite in questo tipo di contrattazione. I critici della Fiom si servono dei dati elaborati dall'ufficio studi della Cgil per dire, a questo riguardo, cose alquanto ovvie; e cioè che sono pochi i lavoratori (il 35%) e le imprese (il 10%) interessati alla trattativa di secondo livello, che essendo il sistema produttivo costituito da piccole imprese (il 95% ha meno di 10 dipendenti) la produttività dipende unicamente dall'intensificazione dello sforzo lavorativo, che nel 90% dei casi la contrattazione riguarda il Nord e tornerebbe a svantaggio del Sud determinando una specie di federalismo produttivistico e che essa non riguarda sempre tutto, bensì nel 55% dei casi il salario, nel 45% i rapporti sindacali, nel 30% l'orario di lavoro e via dicendo. Dicono queste cose, ben note nell'ambiente operaio; ma si guardano molto bene dal proporre una piattaforma rivendicativa per l'aumento del salario e una adeguata azione di lotta. Quindi resistono - perora a parole - al "sindacato della schiavizzazione", ma senza scendere dal carro del sindacato della concertazione, che è stato il suo progenitore e che ha contribuito al supersfruttamento al sottosalario al dumping sociale.

L'inguaribile codismo sindacale delle "RSU" e il loro sabotaggio dell'"autonomia operaia"

Va detto in secondo che, dopo aver messo in riga la dissidenza della Sinistra Fiom, la gestazione del nuovo modello di contrattazione ha prosciugato completamente l'acquitrinio delle espressioni rappresentative aziendali, trasformandole in emanazioni dirette padronal-confederali. Le RSU hanno denunciato la manovra, lamentando la liquidazione di ciò che rimaneva del sindacalismo vertenziale e delle regole di rappresentanza. In dettaglio esse lamentano: a) che il contratto nazionale viene ridimensionato a favore della contrattazione decentrata, che va a sostituire quella nazionale; b) che gli incrementi salariali dipenderanno dall'aumento della produttività e della redditività di impresa; e cioè che per potere avere qualche cosa bisognerà lavorare di più; c) che la defiscalizzazione degli straordinari e dei premi di risultato delega al fisco gli incrementi, mentre scenderanno i costi per le imprese; d) che le regole sulla rappresentanza non dipendono dai lavoratori bensì dal patto Centrali-Confindustria; e) che viene bloccata sul nascere ogni nuova forma organizzativa; f) che col loro patto le Centrali vogliono il monopolio della rappresentanza "tipo palazzo Vidoni 1925". Orbene, nonostante le RSU denuncino come pasticcio il nuovo collaborazionismo delle centrali, tutta la loro proposta operativa, di azione e di prospettiva, si limita: 1°) a superare la divisione esistente nella sinistra sindacale; 2°) a puntare sul documento alternativo; 3°) a serrare le file per il congresso Cgil. Quindi per i tromboni delle RSU il sindacato può diventare fascistico ma per essi il compito resta sempre quello di premere dall'interno e di impedire al contempo lo sviluppo organizzativo autonomo degli operai al di fuori del sindacalismo confederale e di ogni forma di organizzazione subalterna.

L'apoteosi Confederal-Confindustriale del nuovo "collaborazionismo"

Ciò detto sulla gestazione passiamo ora a considerare la portata e il significato politico-sociale del parto confederale. E, per cogliere questi aspetti nello specifico e nelle correlazioni istituzionali, è opportuno un accenno alle posizioni di raffronto espresse dal ministro del lavoro e dalla Federmeccanica. L'8 maggio Sacconi, salutando il documento delle segreterie confederali, precisa le linee del suo ministero: a) la contrattazione deve snodarsi sull'allargamento della vigenza del contratto e la riduzione dei settori; sullo spostamento del baricentro nell'azienda e nel territorio; sulla deregulation e la semplificazione delle trattative; b) gli incrementi salariali sono possibili soltanto con lo straordinario e in base ai risultati e alla produttività; e ottenibili attraverso una detassazione agevolata ("sottrazione alla progressività fiscale"), o in misura secca o del 10%; c) la previdenza procederà sull'aumento dell'età pensionabile. Il 16 maggio la Federmeccanica, dopo avere espresso apprezzamenti positivi per il documento confederale e dopo avere attaccato i picchetti e i blocchi stradali, delinea in questi termini la propria posizione: a) la contrattazione deve favorire la competitività delle imprese; b) non si può fare assegnamento su un modello contrattuale valido per tutti; bisogna lasciar libero ogni imprenditore di vedersela col proprio dipendente, fissando un minimo di garanzie; c) assecondare con decisione l'individualizzazione del contratto; d) pagare di più chi si impegna di più e chi si identifica con gli obbiettivi dell'impresa. Il 10 giugno si incontrano a Roma in via Veneto presso la sede della Confindustria il vertice padronale e i tre segretari confederali per avviare la trattativa sulla riforma della contrattazione e definire i nuovi assetti contrattuali a livello nazionale e aziendale. Le parti si danno atto calorosamente del nuovo clima di collaborazione e concordano di chiudere la trattativa entro il 30 settembre. Dal raffronto delle rispettive posizioni si vede che tra segretari confederali e vertici ministeriali e istituzionali c'è, in sostanza, completa simbiosi di ispirazione di contenuto di metodo di obbiettivi. Il nuovo collaborazionismo è quindi l'espressione del totale allineamento-subordinazione delle centrali confederali alla gestione schiavistica del mercato della forza-lavoro dell'organizzazione del lavoro dei rapporti di lavoro.

Il nuovo modello di contrattazione meccanismo della razzia del lavoro e della punitività dell'insubordinazione

E ora, dopo questo accenno, possiamo valutare portata e significato del nuovo modello di contrattazione. Il segretario della Cisl, Bonanni, ha definito il parto confederale un'intesa storica fondativa di un sindacato nuovo che ridefinisce le politiche salariali per i prossimi 10 anni. A parte la solennità della definizione, il documento interconfederale riflette il passaggio avvenuto del sindacalismo confederale dalla politica di concertazione alla politica di razzia padronal-statale del lavoro e di criminalizzazione delle lotte e degli strumenti di lotta. Con la riforma contrattuale il sindacato collaborazionista mira: 1°) ad assolutizzare l'assioma padronale che l'obbiettivo fondamentale dei lavoratori deve essere la competitività e la produttività del sistema imprenditoriale; 2°) a stabilizzare la regola che il mercato del lavoro i salari gli orari ecc. vanno governati da patti tra Centrali e Confindustria sanciti dal Governo al di fuori di ogni conflitto e/o contrapposizione sociale; 3°) a proibire ai lavoratori di muoversi contro il Governo, riconoscendo che questo deriva dal voto dei cittadini; e a mettere, di conseguenza, al bando ogni difesa e lotta operaia; 4°) a inculcare a tutti i lavoratori l'etica razziatrice del padronato moderno che per guadagnare di più bisogna lavorare di più, tramutando tutto il tempo di vita in impegno lavorativo; 5°) a trascinarli nella individualizzazione del contratto di lavoro alla mercé del padrone e del rischio di impresa. Ed integra e allarga, unilateralmente subordinatamente servilmente, il contenuto del protocollo del 23 luglio 2007, definito dai sottoscrittori "il migliore accordo sullo Stato sociale da 20 anni a questa parte". Sul protocollo abbiamo scritto (ved. Suppl. 1/10/07) che questo ha chiuso definitivamente la fase concertativa incentrata sulla flessibilizzazione e gratuitificazione della forza-lavoro (1993-2003) e ha lanciato pienamente la fase della razzia del lavoro e della gestione schiavistica del mercato del lavoro apertasi nel 2003; e che rappresenta la versione aggiornata e potenziata del cannibalismo padronale, della competitività sorretta dalla razzia del lavoro, della trasformazione dei burocrati sindacali in "certificatori di lavoro schiavistico". Il nuovo modello contrattuale ne è un complemento. Non ci pare che occorra aggiungere altro. E possiamo quindi concludere.

L'antagonismo tra capitale e lavoro è superabile unicamente con la vittoria dei lavoratori sul padronato

Concludendo la questione fondamentale che dobbiamo porre all'attenzione di tutti i salariati, operai impiegati apprendisti ecc., prima di articolare le indicazioni operative, è che non si può più trascinare in avanti l'organizzazione autonoma dei lavoratori fuori e contro le confederazioni sindacali, nonché da ogni altra forma di sindacalismo autonomo di tipo professionalistico e subalterno. L'organizzazione autonoma dei lavoratori deve incentrarsi e ispirarsi al soddisfacimento dei bisogni di vita e al perseguimento degli interessi di classe dei lavoratori. Quindi, per prima cosa, bisogna accelerare la formazione degli organismi di lotta proletari in ogni luogo di lavoro e la creazione su questa base del sindacato di classe.

Ciò detto articoliamo le seguenti indicazioni operative.

1°) Respingere il nuovo modello di contrattazione meccanismo di razzia del lavoro e di punitività dell'insubordinazione.

2°) Ogni forma di contrattazione deve essere retta e gestita dai comitati di lotta proletari, dai loro coordinamenti; e, in ogni caso, dai lavoratori in lotta.

3°) Resistere, dire no agli straordinari; battersi per la riduzione della settimana lavorativa, assumendo come obbiettivo qualificante contro l'attuale prolungamento schiavistico del tempo di lavoro la rivendicazione da noi avanzata trent'anni fa delle 33 ore.

4°) Esigere l'aumento generalizzato del salario per tutte le categorie indistintamente nella misura di 300 euro mensili netti in busta paga; come parziale recupero della riduzione dei salari.

5°) Parità di trattamento, retributivo normativo previdenziale, per tutti i lavoratori che operano nello stesso complesso, ma che dipendono da più imprese e padroni; parificando il trattamento al livello più alto.

6°) Formare in ogni azienda, cantiere, zona, ecc., i comitati ispettivi operai, col compito di controllare l'ambiente di lavoro e di bloccare qualunque lavorazione in caso di pericolo o nocività fino alla loro rimozione.

7°) Spezzare i bavagli anti-sciopero, respingendo i ricatti padronali le imposizioni della Commissione di garanzia le precettazioni prefettizie le intimidazioni statali; tutti i mezzi occorrenti alla difesa operaia e alla lotta contro il potere degli usurai e parassiti sono utilizzabili e legittimi.

8°) Resistere alla competitività, al dumping sociale, superare le divisioni e le frammentazioni dei lavoratori, create dalla schiavizzazione del lavoro; promuovere l'unità interna e internazionale dei lavoratori; formare il più vasto fronte proletario tra lavoratori locali e immigrati.
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Tratto dal suppl. murale affisso in prov. di VA dal Circolo
e pubblic.da RIV. COM.il 1° luglio 2008. - sito internet: -

http://digilander.libero.it/rivoluzionecom/